RECENSIONE:

La Ruota delle Meraviglie è uno di quei film per i quali, pur non conoscendone regia e sceneggiatura, non si potrebbe far a meno di attribuirne il merito a Woody Allen. L’impronta del regista vige più solenne che mai in questo suo nuovo lavoro. Se per anni la ricerca di Allen verteva su quello che potesse o meno rappresentare la vita in tutte le sue sfaccettature, in questo film ne si ritrova la stessa piena essenza.

La narrazione, ambientata nella New York degli anni 50, scorre più lineare che mai, avvalendosidi un cast di tutto rispetto che riesce, nonostante l’accuratezza con la quale viene descritto ogni singolo personaggio, a trasporre sul grande schermo dei protagonisti tanto reali da poterli quasi toccare con mano nella vita d’ogni giorno.

Il cinema di Woody Allen è sempre stato spinto dalla ricerca di un qualcosa, dal dover attribuire a storie apparentemente normali dei contesti tutt’altro che monotoni. Nonostante La Ruota della Meraviglia vada ad intrecciare storie disegnate minuziosamente, altro non risulta essere che la pura e semplice giostra della vita, l’affermazione di se stessi, di quel “proprio io” che va a confondersi e sbatter la testa tra la preponderanza del libero arbitrio e la grandezza di quel destino sotto al quale troppe volte ci ritroviamo ad arrancare.

Che si tratti di un contesto altisonante in perfetto stile Blue Jasmine o di un angolo retto dalla presenza di una più umile Ginny (Kate Winslet), volente o nolente ci ritroviamo a dover necessariamente fare i conti con il consueto climax malinconico proprio delle pellicole di Allen che ci catapultano all’interno di un’unica realtà, la precarietà della nostra esistenza.

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