I Simpson: accuse di razzismo piovono sulla celebre serie animata

I Simpson“, serie animata la cui prima stagione risale al 1989, divenuta pilastro e canone della categoria, si trova ad affrontare pesanti accuse di razzismo portate avanti nelle scorse settimane e che vedono come massimo portavoce il comico indiano-americano Hari Kondabolu.

La diatriba sorta tra i creatori della serie e l’attore verte intorno il personaggio di Apu Nahasapeemapetilon, proprietario del Jet Market e padre di 8 gemelli, il quale, secondo gli accusatori, sarebbe simbolo di uno stereotipo razziale perpetrato nel corso delle 29 stagioni recante offese denigratorie verso la comunità indiana.

Kondabolu ha recentemente realizzato un documentario dal titolo “The Problem with Apu“, “Il problema con Apu“, nel quale racconta la propria esperienza verso il personaggio dei Simpson, vissuto con simpatia nel corso dell’infanzia, visto con il corso del tempo sempre più come stereotipo negativo della sua cultura e non come simbolo della stessa. L’attore ha riportato episodi in cui lui ed altri suoi coetanei sono stati chiamati ‘Apu’, riscontrando difficoltà persino nel mondo della televisione, le produzioni infatti identificavano nel personaggio di Matt Groening, creatore della serie, il modello di Indiano. All’esperienza di Kondabolu si sono aggiunte quelle di altri personaggi provenienti dal mondo della televisione Americana, tra cui Haziz Ansari, ideatore della fortunata serie di Netflix “Master of None”, i quali raccontano i vari riferimenti al personaggio di Apu accostato loro nel corso della carriera.

Si accusa inoltre i Simpson di non aver scelto un doppiatore Indiano per il personaggio bensì Hank Azaria, commentato in questo modo da Kondabolu:

“Apu non è nemmeno doppiato da un vero attore indiano ma la sua voce è di Hank Azaria, un attore ebreo americano bianco. Fondamentalmente, Apu ha la voce di un uomo bianco che imita un altro uomo bianco che prende in giro mio padre”.

Invece di placarsi i toni della discussioni sono stati fomentati quando, nel corso dell’ultimo episodio rilasciato negli USA della ventinovesima stagione dei Simpson, Marge, durante la lettura di un libro a Lisa si accorge che questo contiene numerosi stereotipi razziali  e comincia a censurarlo. La figlia, abbattendo la quarta parete, si rivolge agli spettatori e dichiara “Qualcosa che quando iniziò decenni fa era apprezzato e considerato non offensivo, ora è ritenuto politicamente scorretto. Cosa ci possiamo fare?” e Marge risponde: “Di certe cose ci occuperemo più avanti“. Lisa dice poi: “O forse mai“.

Lo scambio di battute non è andato giù all’attore che lo ha aspramente criticato attraverso il proprio profilo Twitter, definendo lo spot dei Simpson come un tentativo per ridurre la controversia ad un “politicamente corretto“. Non solo a queste si sono aggiunte le dichiarazioni di altri colleghi provenienti dal mondo dello spettacolo, quali il giornalista di Al Arabiya William Mullally e il celebre comico W. Kamau Bell che ha affermato:

“La questione che quest’episodio sembra sollevare è essenzialmente che le cose andavano meglio non tanto prima della presunta ascesa del “politicamente corretto”, ma essenzialmente quando a nessuno importava niente di questi gruppi di persone.”

Nessuna reazione da parte della Fox o degli sceneggiatori della serie.

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